Grandi problemi, piccole soluzioni: le vescicole extracellulari come biomarcatori della fibrosi polmonare idiopatica (IFP)

Nagarjun Konduru e il suo gruppo di lavoro all'Università del Texas - Health Science Center a Tyler (UT Health)

Dr. Nagarjun Konduru and the team at The University of Texas Health Science Center at Tyler (UT Health)

Data di pubblicazione: 
Mercoledì 04 Marzo 2020

50 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di malattie polmonari professionali, o comunque correlate al posto di lavoro: lo afferma l'Organizzazione mondiale della sanità. Queste malattie occasionalmente sono causa di morte e disabilità. Le nanoparticelle trasportate dall'aria (<100 nm) sono una delle principali cause di malattie polmonari occupazionali e ambientali. Queste nanoparticelle interagiscono con biomolecole all'interno del tessuto polmonare per formare complessi che causano un tuttora inspiegato sistema di biodistribuzione delle nanoparticelle nel corpo umano. Ci siamo messi in contatto con il dott. Nagarjun Konduru, assistente professore presso il centro di scienze sanitarie dell'Università del Texas a Tyler (UT Health), che ha lavorato attivamente nel campo della nanotossicologia per gli ultimi 13 anni. Durante la sua formazione post-dottorato presso il Dr. Joseph Brain all centro di ricerca sulla nanosicurezza di Harvard-NIEHS (Harvard T.H. Chan School of Public Health), il Dr. Konduru ha lavorato allo sviluppo di modelli predittivi in ​​vitro e in vivo per determinare la farmacocinetica delle nanoparticelle ingegnerizzate (ENM) basate sulla formazione di una "corona" sulla superficie delle nanoparticelle in seguito alla loro interazione con le proteine presenti nel fluido di rivestimento alveolare. "Domande chiave come ad esempio quali sono le determinanti della traslocazione di questi complessi in diversi organi", cita il dott. Konduru, lo hanno portato a esplorare le proteine ​​trovate nel fluido di rivestimento alveolare, che potrebbero avere un ruolo potenziale nel destino biologico degli ENM2.

Le vescicole extracellulari (EV) hanno assunto il ruolo di specifiche firme patologiche, destinate a sorpassare altri marcatori clinici predittivi e diagnostici. "Durante i nostri studi nanotossicologici e biocinetici, abbiamo ricavato dati molto interessanti dai profili esosomici", ricorda il dott. Konduru. Il profilo EV fluido bronco-alveolare (BAL) di modelli animali, utilizzato nel laboratorio del Dr. Konduru, ha rivelato una firma molecolare unica con ogni tipo di esposizione ENM. Ulteriori analisi condotte con proteomica dettagliata, micro-RNA e altri studi esclusivi di profilazione delle firme hanno individuato le EV come i migliori candidati al ruolo di biomarcatori di esposizione per singoli contaminanti, fornendo un quadro più in tempo reale dell'esatto carico corporeo. "Questi risultati entusiasmanti ci hanno spinto a realizzare un progetto clinico sulle vescicole extracellulari come biomarcatori diagnostici della fibrosi polmonare idiopatica (IPF)", afferma il dott. Konduru. Il principale ostacolo da superare quando si effettua la diagnosi da IPF è che si tratta di una malattia la cui diagnosi si ottiene dall'esclusione di altre malattie polmonari. Perciò il Dr. Konduru ha proseguito nella ricerca per capire se le EV possono distinguere l'IPF dalle malattie che assomigliano all'IPF. Il suo team di ricerca sta usando le colonnine Izon qEV, basate sul principio della cromatografia per esclusione dimensionale (SEC), per separare i volumi puri di EV dai campioni di plasma del paziente, delle urine e del fluido ottenuto dai lavaggi bronco-alveolari (BAL). Affascinato dai risultati ottenuti, il Dr. Konduru osserva: "siamo riusciti a individuare firme uniche per riconoscere l'IPF utilizzando le colonnine qEV, riuscendo a differenziare queste firme da quelle dei "simulatori" IPF". Aggiunge inoltre, "rispetto ad altri metodi, gli esosomi isolati sono più puri, senza alcuna traccia di lipoproteine, ​​e l'AFC è un sistema complessivamente economico, che può essere utilizzato con un gran numero di campioni".

Alla domanda su come il laboratorio caratterizza le vescicole extracellulari ottenute dai sistemi di purificazione, il dott. Konduru risponde: "Ero attratto dai valori ottenibili con il sistema TRPS di Izon Science, che fornisce misurazioni accurate di singole particelle e valori reali di concentrazione delle particelle, nonché il loro potenziale zeta".

Mentre è risaputo che il campo delle vescicole extracellulari è relativamente nuovo e ancora in uno stadio iniziale, attualmente non esistono biomarcatori predittivi o diagnostici standard per l'IPF. Commentando lo scenario odierno, il dott. Konduru ci saluta affermando che "i veri marker di superficie per le EV, relativi alle diverse sottopopolazioni, necessitano di standardizzazione, c'è ancora molta strada da fare".

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